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Per il futuro del Sistema Sanitario Nazionale la salute pubblica è un elemento fondamentale. Una delle sfide più significative, in Italia e nel mondo, riguarda il dolore cronico.

In Italia le stime e i dati relativi alla sua incidenza non sono stati aggiornati per anni, ma grazie a una nuova indagine nazionale è stata fatta luce su questo problema. Nel Rapporto Istisan “Dolore cronico in Italia e suoi correlati psicosociali dalla “Indagine europea sulla salute” (European Health Interview Survey) 2019”, pubblicato dall’Istituto Superiore di Sanità, emerge che oltre 10 milioni di persone in Italia soffrono di dolore cronico.

L’indagine ha coinvolto oltre 44mila partecipanti, di cui circa 38.800 hanno risposto al breve questionario sul dolore cronico, inserito nell’Indagine europea sulla salute condotta dall’Istat.

I numeri in Italia

I dati evidenziano come il dolore cronico affligga oltre dieci milioni di persone solo in Italia, di cui circa 4 milioni di uomini e quasi 6 milioni e mezzo di donne. Questo tipo di dolori è presente nell’8% della popolazione tra i 18 e i 44 anni, con la percentuale in aumento tra i 45-54enni al 21,3%, per crescere al 35% tra i 65-74enni sino a raggiungere il 50% negli over 85.


Per il dolore cronico si confermano le diseguaglianze di genere: il divario nelle stime di prevalenza tra maschi e femmine inizia infatti già all’età di 35 anni, e va man mano ampliandosi a sfavore delle persone di sesso femminile, con percentuali superiori di oltre 15 punti tra gli anziani (65 anni e più). Nel complesso, il 60% delle persone adulte con dolore cronico in Italia è di sesso femminile.

Le variabili regionali

La distribuzione di questa condizione è variabile sul territorio italiano, con uno svantaggio più evidente nel Mezzogiorno per gli individui di 65 anni e oltre. Le cause che possono essere all’origine, o sono comunque sottostanti all’instaurarsi della cronicità del dolore, includono: una malattia primaria, già diagnosticata, abitualmente correlata ad uno stato di dolore (52%), un trauma (21%), un intervento chirurgico (7%), un tumore (3%). Esiste una quota, non irrilevante, di persone con dolore cronico che non ha ancora una chiara diagnosi di malattia, il 13%, e che riporta intensità elevate o molto elevate di dolore nel 23% dei casi. Sul versante della salute mentale, ben il 13 % di coloro che soffrono di dolore cronico presenta sintomi depressivi da moderati a gravi rispetto a meno del 2% nella popolazione non affetta. Esiste una condizione di co-morbidità tra dolore cronico e depressione a sfavore delle persone di sesso femminile e delle persone con un più basso livello di istruzione.

Foto di Sora Shimazaki – Pexels

Obiettivi dello studio: maggior consapevolezza per affrontare le criticità

Lo studio – sottolineano gli autori – colma un vuoto conoscitivo che, almeno in parte, perdurava dal 2003, anno in cui Harald Breivik e i colleghi dell’Università di Oslo condussero un’indagine sul dolore cronico nei paesi europei. L’alta prevalenza del dolore cronico nella popolazione adulta e le altre stime presentate nel Rapporto, riferite, ad esempio, a comorbidità, salute mentale, ruolo dei fattori sociodemografici o impatto del dolore cronico sull’attività lavorativa e sulla disabilità, offrono un quadro epidemiologico prezioso per l’individuazione dei bisogni di diagnosi, cura e riabilitazione, per la definizione di modelli di prevenzione e, non ultima, la definizione di piani di sostegno socio-assistenziale. Il fenomeno così delineato richiede un’attenzione adeguata e misurazioni affidabili e validate. Con questo primo Rapporto, l’Istituto Superiore di Sanità inaugura il monitoraggio epidemiologico del dolore cronico nel Paese, con il contributo e la collaborazione di Istat e di Fondazione ISAL (Istituto per la Ricerca e lo Studio del Dolore). L’impatto informativo che questo monitoraggio produce ha permesso, già nel 2020, il suo inserimento nel Programma Statistico Nazionale e potrà, auspicabilmente, favorire la piena applicazione di quanto la legge italiana ha già disposto sin dal 2010 (L. n. 38 -15 marzo 2010) in tema di accesso alla rete di terapia del dolore per tutti“.

La prevenzione del dolore cronico

La prevenzione è ormai un argomento di forte interesse e anche nella gestione dei dolori cronici, che alla lunga possono appesantire il Sistema Pubblico, gioca un ruolo cruciale. Diventa quindi importante migliorare la qualità della vita per ridurre l’impatto di questa condizione. Per farlo, alcune strategie consigliate dagli esperti:

Stile di vita sano:
– Mantenere un peso corporeo adeguato attraverso una dieta equilibrata e l’esercizio fisico regolare.
– Evitare il fumo e limitare il consumo di alcol.
– Praticare attività fisica gentile come lo stretching, la ginnastica dolce, lo yoga o il pilates per mantenere in salute l’apparato muscolo-scheletrico e circolatorio.

Movimenti corretti:
– Evitare movimenti bruschi o torsioni laterali che possano danneggiare la schiena o le articolazioni.
– Sollevare oggetti pesanti con cautela per prevenire sovraccarichi muscolo-tendinei.

Gestione dello stress:
– Lo stress cronico può contribuire al dolore. Praticare tecniche di rilassamento come la meditazione, la respirazione profonda o la mindfulness.
– Cercare supporto psicologico per affrontare lo stress e le emozioni negative.

Alimentazione sana:
– Seguire una dieta mediterranea o comunque una dieta con ridotto apporto di cibi processati.
– Alcuni alimenti, come quelli ricchi di antiossidanti e acidi grassi omega-3, possono aiutare a combattere l’infiammazione e l’invecchiamento.

Prevenzione delle malattie:
– Controllare e gestire condizioni come l’artrosi, il mal di schiena, l’ernia del disco e altre patologie che possono causare dolore cronico.
– Consultare il medico regolarmente per una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo.

Approccio multidisciplinare:
– Coinvolgere diversi professionisti della salute, come medici, fisioterapisti e psicologi, per una gestione completa e personalizzata del dolore cronico.

La Redazione: le informazioni contenute in questa pagina non sostituiscono assolutamente il parere o le indicazioni di un medico o di un esperto, ma rappresentano una raccolta di dati da fonti selezionate. In caso di necessità è sempre consigliato contattare uno specialista.

Fonti: Comunicato Stampa Istituto Superiore di Sanità; Humanitas Salute; MSD Manuals.

Foto copertina: Foto di Andrea Piacquadio – Pexels

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