Il presidente dell’Ordine nazionale degli psicologi, David Lazzari stima che gli italiani che avrebbero bisogno di assistenza psicologica sono almeno 20 milioni. Non sembri una cifra esagerata, visto che ormai in tutte le ricerche l’obiettivo del benessere psicologico è in testa ai desideri manifestati dai nostri connazionali.
In una delle ultime indagini (dicembre 2021) sul mondo del lavoro, risulta che in Italia, il 39% degli intervistati sceglierebbe, tra i benefit, di avere più giorni di ferie per prevenire il burnout. Il 30% dichiara di avere bisogno di assistenza psicologica. L’automedicazione psicologica con la sottrazione dal lavoro è una risposta approssimativa di fronte a un problema che sta producendo a livello globale il fenomeno delle dimissioni volontarie dal lavoro, la “Great Resignation”.
WELLBEING E WELFARE
Che il nuovo welfare debba comprendere ormai la dimensione del “benessere” è fuor di dubbio. E “benessere” è sempre “benessere psicologico”, condizione preliminare per ogni articolazione del benessere fisico, sociale, relazionale. Il “wellbeing” è elemento connaturato dei nuovi obiettivi di welfare sociale. A cominciare dai luoghi di lavoro.
Secondo l’ultimo report Mindwork-BVA Doxa, il 50% degli intervistati dichiara di soffrire di frequenti problemi di ansia e insonnia per motivi legati al lavoro. E una persona su 3 dichiara di essersi assentata a causa di malessere emotivo mentre il 42% del campione intervistato ritiene inefficaci le iniziative promosse dalla propria azienda per incentivare il benessere e ridurre lo stress legato al lavoro.
FUORI DALLA ZONA D’OMBRA
Il ricorso a una qualche forma di terapia psicologica era relegato a una zona d’ombra; almeno fino a pochi anni fa. Almeno alle nostre latitudini. Nel mondo anglosassone l’abitudine al supporto psicologico è di più lunga data. Ma certo la componente di “servizi psicologici” alla persona non deve essere motivo di pudore, vergogna o tantomeno di ostracismo. E infatti, lentamente ma inesorabilmente si sono moltiplicate le aziende che hanno inserito nei loro pacchetti di supporto alla salute dei lavoratori alcune sedute con lo psicologo, di persona o online. La pandemia ha solo accelerato una tendenza che era già in atto. L’isolamento forzato cui siamo stati costretti per due anni ha semplicemente reso evidente che l’equilibrio psicologico non è una questione da sottovalutare, anzi.
IL MERCATO OLTRE L’OSTRACISMO
E infatti il mercato cresce. Lo certificano i dati dell’Enpap (la cassa di previdenza degli psicologi) che registrano i contributi versati con l’ultima dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2020, presumibilmente ancora molto sottostimati rispetto a quelli che emergeranno nel 2021. Nonostante la pandemia e la riduzione dei redditi individuali – che ha toccato anche molti psicologi – nel 2020 il mercato della psicologia cresce, nel suo complesso. Sono state vendute prestazioni per un valore di 11,4 milioni di euro in più rispetto al 2019. “In termini di fatturato complessivo di categoria, la psicologia italiana avrebbe venduto prestazioni per un valore di 1,279 miliardi di euro nel 2020 a fronte di 1,268 miliardi nel 2020” scrive Federico Zanon, vicepresidente Enpap sul sito della cassa.
LE AZIENDE E IL SSN
“Il salto che ci auguriamo che debba avvenire è quello di rendere il servizio psicologico accessibile a tutti, non solo a chi ha più risorse – aggiunge Felice Damiano Torricelli, presidente dell’ente – per questo Enpap proporrà, entro l’estate un portale aperto a tutti i cittadini per rendere più facile il contatto con la psicologia: saranno oltre mille i professionisti coinvolti a titolo gratuito. Noi investiremo circa 5 milioni di euro. Speriamo che dopo il bonus del Milleproroghe anche il Governo metta mano a iniziative più strutturate per favorire l’incontro tra i nuovi bisogni degli italiani e l’offerta di servizi psicologici disponibili”.
Non mancano gli psicologi. Ce ne sono forse anche troppi, 120mila circa iscritti all’albo. Uno ogni 500 abitanti. Ma poco meno della metà esercita la professione, e una più che esigua minoranza – non più di 5000 secondo l’Enpap – svolgono la propria attività nei servizi di igiene mentale del Sistema sanitario nazionale.
Come accade per molti servizi di protezione sociale di secondo pilastro, anche i servizi rivolti al benessere psicologico potrebbero diventare un orizzonte stabile di integrazione del servizio pubblico. Per i lavoratori e per le loro famiglie. Le comunità aziendali e i territori in cui sono inserite consentirebbero una diffusione della cultura del benessere piscologico, contro le nuove e vecchie fragilità.